Insegnare ai bambini : amore o professionalità?

Pur avendone già parlato più volte sul blog, mi piacerebbe riprendere questo argomento facendo esempi pratici del mio pensiero e della mia opinione al riguardo.
Quando si parla di insegnamento ai bambini, ancora più se a bambini con disabilità, spesso ci si appella allo stereotipo dell’ “amore che può tutto”, affermando che l’amore sia un aspetto indispensabile ed imprescindibile per fare questo lavoro.”I bambini hanno bisogno di amore”, si sente dire, ed ancor più spesso “I bambini disabili hanno bisogno di amore”. Frasi di questo tipo fanno molta presa sull’ascoltatore, o sul lettore o sullo spettatore, e trasmettono un’idea da una parte del “povero bambino che soffre” e quindi ha bisogno di qualcuno “che lo faccia sorridere” e, dall’altra, dell’insegnante, la maestro, lo psicologo o il medico “eroici”, che hanno fatto del loro lavoro una “missione” per “salvare quei poveri bambini”.

Personalmente mi viene così difficile ritrovarmi in queste frasi da doverle scrivere tutte tra virgolette, proprio per distanziarmi il più possibile da concetti simili!Sì, perchè, a mio parere, i bambini NON hanno bisogno di amore. A meno che un bambino non sia gravemente trascurato, ma si tratta di casi limite e, per fortuna, non così frequenti, nella sua vita ha già molto amore, da parte dei genitori, dei nonni, dei parenti, magari dei fratelli… e pensare che se un bambino ha difficoltà o una disabilità, allora riceva per forza meno amore, non ha senso neppure a livello logico. Infatti tutti i genitori amano i propri figli, ed il fatto che il figlio abbia o no difficoltà non cambia questa realtà, ad eccezione appunto di situazioni limite e di gravi problemi famigliari.Quindi abbiamo appurato che i bambini l’amore ce l’hanno già.E la felicità? Beh, che ci crediate o no, hanno già anche quella. I bambini sono quasi tutti piccole persone molto felici e capaci di godere della vita come noi adulti non sappiamo più fare. Ed anche i bambini disabili lo sono, e sorridono, sono allegri e pieni di entusiasmo per la vita e per le piccole cose, come tutti i bambini. Il fatto di avere alcune difficoltà ed una vita talvolta complicata non impedisce loro di essere felici, anzi.

Quindi forse sarebbe ora di accantonare l’idea romantica dell’insegnante che “ama”i bambini, perchè non è l’amore che fa la differenza. Vi faccio qualche esempio.
Se, durante una delle mie lezioni, un bambino iniziasse a piangere o a lamentare dolori fisici inesistenti, o molto amplificati, per evitare di svolgere il compito richiesto – ad esempio, accusando il tipico “mal di pancia da inizio scuola”-, se io lo amassi come una madre mi preoccuperei per lui e risponderei immediatamente alle sue richieste, se  non altro per un bisogno innato di proteggere mio figlio, pur sapendo che potrebbe non avere un dolore reale.Capite che, invece, da insegnante, se rispondessi in questo modo ad ogni richiesta di attenzione da parte di un bambino non riuscirei ad insegnargli nulla, e passerei gran parte dell’ora senza farlo lavorare e quindi senza ottenere niente dal mio lavoro.
Stessa cosa con abbracci, baci e coccole… perchè “l’amore” si manifesta così, ma siamo sicuri che un bambino abbia bisogno di questo da parte di un’insegnante?
Oppure le regole: un genitore, o qualcuno che ama il bambino come se lo fosse, prova spesso emozioni negative nel far rispettare le regole a suo figlio, ed il senso di colpa è assolutamente normale, anche se ovviamente andrebbe gestito, ma la fatica nel farlo è comprensibile.Così’ come la fatica nel gestire le proprie emozioni, sia positive sia negative, che quando si ama qualcuno sono difficili da controllare, spesso prendono il sopravvento e ci fanno sentire nervosi,arrabbiati, stanchi, oppure talmente innamorati del nostro bambino da non riuscire ad essere fermi con lui.

Attenzione, però! Non sto dicendo che un professionista che lavora con i bambini debba essere freddo e distaccato, anzi, l’empatia, il coinvolgimento e l’intensità emotiva in ciò che si fa sono indispensabili, ma devono essere gestiti, controllati e calibrati, in un modo in cui, ad esempio, un genitore non farebbe mai.
Se un giorno sono stanca o arrabbiata per motivi personali i miei allievi non devono saperlo nè accorgersene, non posso scaricare su di loro le mie emozioni, ma è mio dovere come professionista trasmettere loro solo emozioni positive.
Se, allo stesso modo, un allievo in un certo momento suscita in me reazioni di stanchezza, noia o frustrazione (càpita a tutti qualche volta), non posso reagire in modo incontrollato ed arrabbiarmi con lui, perchè questo non porterebbe a nulla, se non ad un fallimento sia della lezione specifica sia, a lungo termine, del mio rapporto con lui.
Anzi, è fondamentale per me riconoscere queste emozioni, capire perchè le provo e tentare di modificarle cambiando alcuni elementi della lezione,del programma o alcuni miei comportamenti.

Voi penserete “Eh, ma non è mica facile!” Ma è proprio per questo che continuo a sostenere l’importanza della professionalità nell’insegnamento e, più in generale, nelle professioni a contatto con i bambini. Io sono anche Psicologa  e mi ci sono voluti anni di studio, esperienza ed anche lavoro su me stessa per riuscire a tenere sotto controllo questi aspetti.

Nessun aspetto dell’insegnamento ai bambini piccoli e disabili è semplice. Ma continuo a non capire perchè quando si parla di professioni più “riconosciute”, quali quella del medico,l’avvocato, l’architetto o simili, la preparazione sia data per scontata – chi si affiderebbe ad un medico senza laurea o senza esperienza?-, mentre quando si tratta di insegnamento non sia affatto così automatico pensare che un insegnante debba essere competente e preparato al livello più alto possibile.

Quindi no, io non dò amore ai miei allievi.
Do’ loro tantissimo altro, ma del mio amore non se ne farebbero nulla.
Sto bene con loro, amo il mio lavoro, mi diverto e li faccio divertire, cerco di essere piacevole, sorridente e spontanea, perchè altrimenti se fingessi di essere la persona che non sono non sarei autentica, e loro lo percepirebbero subito. Quindi sono spontanea con loro come la sono nella vita, non sono una persona diversa.
Ma, d’altra parte, non sono nè la loro mamma nè un’amica, e voglio che questo sia chiaro.
Con me le regole ci sono e si rispettano, così come è presente il rispetto sia mia verso di loro sia loro nei miei confronti. Li riconosco come persone capaci e uniche e loro fanno lo stesso con me.

Ma tutto questo non è amore. E’ professionalità e voglia di svolgere il proprio lavoro con la maggiore competenza, passione ed il miglior risultato possibile.

Come insegnante, anche se molto “part-time” (mediamente due ore a settimana), so di essere responsabile del loro futuro, e cercare di migliorare il loro futuro attraverso l’apprendimento è il mio obiettivo principale.